Dalla disciplina dettata nell’art. 172, comma 7, D.P.R. n. 917 del 1986, si evince dunque che il riporto e la compensabilità delle perdite pregresse delle società incorporate, e più in generale di quelle fuse, è condizionato alla verifica che: a) nell’esercizio anteriore alla delibera di fusione risulti un ammontare di ricavi e proventi dell’attività caratteristica e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente e relativi contributi superiore al 40% rispetto alla media dei due periodi di imposta immediatamente precedenti; b) le perdite conseguite dalle società partecipanti alla fusione siano inferiori, e comunque riportabili nel limite del patrimonio netto delle stesse, senza tener conto dei versamenti effettuati dai soci nei ventiquattro mesi precedenti la situazione patrimoniale di riferimento (cfr. Cass., 17 luglio 2019, n. 19222).
Pur nell’assenza di un esplicito ordine compositivo dei dati a cui ricorrere, offerto dalla norma, questo Collegio ritiene corretta l’interpretazione della norma caldeggiata dall’Agenzia delle entrate. Intanto il dato testuale non lascia margini di dubbio, atteso che la norma è chiara nel richiedere che le perdite possano essere portate in diminuzione dei reddito “per la parte del loro ammontare che non eccede l’ammontare del rispettivo patrimonio netto quale risulta dall’ultimo bilancio o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale di cui all’art. 2501-quater del codice civile, senza tener conto dei conferimenti e versamenti fatti negli ultimi ventiquattro mesi anteriori alla data cui si riferisce la situazione stessa”.
Se la norma è stata concepita a prevenzione da condotte abusive in occasione dell’uso di uno strumento di organizzazione societaria, quale la fusione, scomporre i due elementi di cui si compone la situazione patrimoniale richiamata nell’art. 172 cit. -stato patrimoniale al netto di determinati dati positivi- ne implicherebbe una lettura irrazionale. L’esclusione dei conferimenti e versamenti infrabiennali a valle e non a monte del raffronto tra due situazioni patrimoniali, lascerebbe maggiori margini di libertà al contribuente, cui è già rimessa la determinazione dei lasso temporale tra chiusura del bilancio e tempi di deposito del progetto di fusione -e dunque la necessità o meno di redigere una situazione patrimoniale aggiornata-,di operare scelte incidenti sulla detrazione o meno di quei conferimenti e versamenti (allungando per esempio i tempi di redazione della situazione patrimoniale ex art. 2501-quater e pertanto determinando l’ultrabiennalità e l’indetraibilità di quei componenti), così offrendo spazi di manovra per aggirare le concrete modalità di applicazione della norma.