La Corte di Cassazione con ordinanza n. 27545 del 28 settembre 2023  si è pronunciata in materia di usura sopravvenuta, ritenendo che «i saggi di interesse usurari – che non siano stati pattuiti originariamente, ma siano sopraggiunti in corso di causa – costituiscono in ogni caso importi indebiti. Il creditore che voglia interessi divenuti nel corso del rapporto in misura ultra legale pretenderebbe per ciò stesso l’esecuzione di una prestazione oggettivamente sproporzionata: il suo comportamento sarebbe contrario al generale principio di buona fede contrattuale, che impone alle parti comportamenti collaborativi, anche in sede di esecuzione del contratto».
Il caso riguarda un contratto di fideiussione omnibus a garanzia di conto corrente, il cui capitolato riproduce lo schema contrattuale predisposto dall’ABI e ritenuto dalla Banca d’Italia intesa restrittiva della concorrenza con provv. 55 del 2005 in relazione a specifiche clausole.
A seguito dell’inadempimento dell’obbligato principale, la fideiussione è stata escussa con decreto ingiuntivo.
All’esito dell’opposizione e del lungo iter processuale la Corte conferma Cass. S.U. 41994/2022, che aveva ritenuto le fideiussioni omnibus parzialmente nulle ex art. 1419 C.c., cioè, limitatamente alle clausole riproduttive dello schema contrattuale ABI, salva la prova della diversa volontà delle parti.
Inoltre, la pronuncia dà importanti spunti in tema di usura, fornendo dapprima precisazioni su come debba essere distribuito l’onere della prova.
Richiama in proposito la recente Cass. S.U. 19597/2020, in base a cui il creditore, che pretenda l’adempimento a interessi che il debitore ritenga usurari, deve provare i fatti modificativi o estintivi dell’usura.
Ne deduce che ove il debitore abbia prodotto una perizia a dimostrazione della misura ultra legale dei tassi, la banca non possa limitarsi a una contestazione generica ex art. 115 c.p.c..
Infine, la Corte sviluppa il tema dell’usura sopravvenuta in corso di rapporto.
Ricorda che Cass. S.U. 7294/2017, l’aveva considerata non sanzionabile con la nullità o inefficacia del tasso, e aveva sostenuto che la pretesa del creditore agli interessi non potesse, solo per il superamento della soglia in corso di rapporto, «essere qualificata […] contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto»; la medesima pronuncia, tuttavia, non aveva escluso la possibilità di azionare altri rimedi. La Corte dà rilievo a quest’ultimo passaggio e a quanto stabilito in Cass. S.U. 19597/2020, che, nell’estendere la disciplina antiusura agli interessi moratori, aveva ritenuto che le parti avessero interesse ad agire perché fosse dichiarata l’usurarietà dei tassi anche in corso di rapporto.
Ne deduce, cioè, l’illegittimità della pretesa del creditore avente ad oggetto interessi divenuti usurari in corso di rapporto per la parte eccedente il tasso soglia.