Consiglio di Stato 382/2020.
Sin dalla sua genesi la SCIA costituisce uno strumento privato di liberalizzazione dell’attività anche edilizie (Ad plenaria 15/2011), vincolato all’esistenza dei requisiti e presupposti richiesti dalla legge (parere Consiglio di Stato n 433/2016) su cui la Pubblica Amministrazione conserva l’esercizio, sia in via ordinaria (entro il termine di 30 gg dal deposito) che successiva, dei poteri inibitori, repressivi e conformativi previsti dalla normativa di riferimento (art 19 L 241/90).
L’attività dichiarata può, quindi, essere intrapresa senza il bisogno di un consenso “a monte” dell’Amministrazione, poiché esso è surrogato dall’assunzione di auto-responsabilità del privato insita nella SCIA.
Le attività interessate dalla SCIA non sono, infatti, caratterizzate da una libertà incondizionata di iniziativa economica, ma sono pur sempre subordinate alla sussistenza dei requisiti e presupposti al fine di garantire la tutela dell’interesse pubblico e l’armonizzazione della situazione soggettiva del denunciante con gli interessi potenzialmente configgenti.
Ciò che si è liberalizzato è lo strumento di legittimazione dell’attività non il rapporto sostanziale e l’ambito materiale in cui si viene ad operare.
Il Consiglio di Stato prende pertanto atto che, pur nel continuo evolversi dell’area riservata ai vari titoli abilitativi previsti dal DPR 380/01 (permesso di costruire, SCIA alternativa a Pdc, SCIA, CILA ) ed alla ricerca di sempre maggiori spazi di semplificazione procedurale in un ambito ritenuto di significativo rilievo anche per lo sviluppo economico del territorio (di cui è prova, da ultimo, nell’incisiva riforma della materia contenuta in particolare nell’art. 10 della l. n. 120 dell’11 settembre 2020, di conversione del c.d. “decreto semplificazioni”), esistono tuttavia dei limiti insormontabili che non consentono di derubricare gli interventi “maggiori” al titolo “minore”.
Se pertanto il privato ha sempre la possibilità di optare per il permesso di costruire, laddove gli sarebbe possibile agire tramite semplice SCIA non può valere il contrario.
Quando è ritenuto necessario l’avallo esplicito dell’intervento attraverso il rilascio di un permesso di costruire, l’utilizzo di qualsivoglia altra forma di comunicazione appare sostanzialmente inutile.
Esso, cioè, si palesa tamquam non esset ai fini della legittimazione dell’intervento, che resta abusivo.
L’utilizzo, infatti, di un titolo edilizio completamente inadeguato a “coprire” l’intervento realizzato, non elide la natura illecita dello stesso, sì da poter comunque scongiurare l’intervento sanzionatorio del Comune nell’ambito del proprio generico potere di vigilanza (art. 27 del T.U.E.).
Tuttavia esigenze di certezza del diritto ne impongono la rimozione anche sul piano formale.