La Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 3671 del 9 febbraio 2024 si è pronunciata in merito al ritardo di una banca nella cancellazione di una società dalla Centrale Rischi.
Nel caso di specie la cancellazione dalla C.R. era stata specifico oggetto di una transazione intervenuta fra le parti, e regolarmente adempiuta dalla società: in forza dell’adempimento, la banca avrebbe dovuto comunicare la variazione della posizione della società da “sofferenza” in “ristrutturata”, e ciò sin dal primo versamento pattuito nell’accordo.
La Corte, in ordine all’interpretazione del contratto di transazione, ha affermato preliminarmente che, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, il primo e principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate, che deve essere necessariamente riguardato alla stregua degli ulteriori criteri legali d’interpretazione, fra cui il comportamento delle parti anche dopo la conclusione del contratto (art. 1362/2 C.c.), l’interpretazione funzionale ex art. 1369 C.c., che consente di accertare il significato dell’accordo in coerenza con la relativa causa concreta e l’interpretazione secondo buona fede ex art. 1366 C.c.
Ciò anche alla luce del principio “in claris non fiat interpretatio.
L’interpretazione congiunta di tali criteri ermeneutici non consente di dare ingresso ad interpretazioni cavillose delle espressioni letterali contenute nelle clausole contrattuali, non rispondenti alle intese raggiunte e deponenti per un significato in contrasto con la ragione pratica o causa concreta dell’accordo negoziale.
Secondo la pronuncia in esame, la Corte di merito era pervenuta nel caso de quo ad un’interpretazione del contratto di transazione in termini non rispettosi di tali principi, poiché non ha considerato che:
l’oggetto del contendere verteva sul ritardo della Banca a comunicare alla Centrale Rischi che la posizione di parte attrice non era più da considerarsi in sofferenza, bensì “ristrutturata” nonostante il primo versamento di cui al contratto di transazione sottoscritto fra le parti, la banca si era limitata a far annotare solo la riduzione dell’esposizione in ragione dell’importo del versamento, ma non aveva comunicato la variazione da “sofferenza” in ‘‘ristrutturata”; la situazione si era protratta per i mesi successivi, malgrado la diffida della società, e ciò fino al versamento dell’intero importo convenuto in transazione era stato documentato nel corso del giudizio l’interesse concreto della società ad ottenere la modificazione/cancellazione immediata dalla centrale rischi della posizione a sofferenza: la società aveva subito l’indiscriminata negazione di ogni accesso al credito e l’impossibilità di operare sul mercato, con conseguente  responsabilità, per non avere segnalato, immediatamente dopo il primo versamento, la relativa annotazione alla Centrale rischi.