Il Supremo Giudice di Cassazione, in accoglimento delle nostre doglianze come formulate nel controricorso, con ordinanza del 5.1.2023, ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione di controparte, alla stregua dei seguenti assunti:
– per giurisprudenza costante è compito del giudice di merito quello di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di selezionare le risultanze istruttorie maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essa sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge.
Nè il Giudice di merito, che attinga il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili è tenuto ad una esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti.
In particolare con riferimento al primo motivo esso è inammissibile poichè evoca l’art. 360 primo comma n. 5, nonostante ai sensi dell’art. 348 ter, comma quinto c.p.c., il ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello che conferma la decisione di primo grado, possa essere proposto esclusivamente per i motivi di cui ai numeri n. 1,2,3 e 4 del primo comma dell’art. 360 c.p.c.
Del pari inammissibile le ulteriori censure in cui si articola il ricorso in riferimento agli artt. 115 e 116 c.p.c. ed afferenti all’apprezzamento del compendio probatorio versato in atti, in quanto in sede di ricorso per cassazione:
a) per dedurre violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il Giudice in contraddizione espressa o implicita con la norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.;
b) la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo prudente apprezzamento, pretendendo di attribuirle un altro valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria, oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il Giudice ha solamente mal esercitato il suo apprezzamento della prova, la censura è ammissibile solo nei limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione.