– Sicché, alla stregua di tali principi – da cui questo Giudice non ha, evidentemente, ragione di discostarsi – deve qualificarsi come “consumatore” il fideiussore persona fisica che, pur svolgendo
una propria attività professionale (o anche più attività professionali), abbia, però, stipulato il negozio di garanzia che interessa per finalità estranee a tale attività, nel senso che la prestazione della fideiussione non abbia costituito, per lui, un atto espressivo di detta attività, o ad essa, comunque, strettamente funzionale. A tal fine deve aversi riguardo, in particolare, ove si tratti di una garanzia prestata in relazione a uno o più obbligazioni assunte da una società commerciale quale debitrice principale, alla ricorrenza o meno di elementi idonei da far ritenere che la garanzia sia stata prestata per scopi pur sempre imprenditoriali o commerciali, tenuto conto, come già anticipato, della
titolarità in capo allo stesso garante di una partecipazione non trascurabile nel capitale sociale ovvero, per esempio, della qualità di amministratore della società stessa (cfr. tra le altre, sempre di
recente, anche Cass. civ. n. 32225/2018, Cass. civ. n. 8419/2019, Cass. civ. n. 1666/2020).
– L’operatività del c.d. foro del consumatore, fondatamente invocata dall’opponente, non è esclusa, inoltre, nella fattispecie, neppure dal fatto (il solo invocato, invero, dalla Banca e dalla terza
intervenuta in causa) che nella fideiussione già sottoscritta da quest’ultimo in data 13.09.2000 fosse stata inserita una clausola di deroga della competenza specificamente sottoscritta ex art. 1341 c.c.;
– Tenuto conto del provvedimento n. 55/2005 – richiamato in tale recente arresto nomofilattico e, dunque, ormai da considerarsi, oltretutto, quale fatto notorio nel suo contenuto, al pari del tenore
delle menzionate condizioni negoziali generali del “modello A.B.I.” – la giurisprudenza di legittimità ha poi esaminato, come anticipato, la questione delle conseguenze che un’eventuale riproduzione delle suddette condizioni negoziali è suscettibile di produrre sulla validità dello specifico negozio di fideiussione “a valle”, evidenziando, sul punto, come “l’interesse protetto dalla normativa antitrust è principalmente quello del mercato in senso oggettivo, e non soltanto l’interesse individuale del singolo contraente pregiudicato, con la conseguente inidoneità di un rimedio risarcitorio che
protegga, nei singoli casi, solo quest’ultimo, ed esclusivamente se ha subito un danno in concreto …Per converso, è evidente che il riconoscimento, alla vittima dell’illecito anticoncorrenziale, oltre alla tutela risarcitoria, del diritto a far valere la nullità del contratto si rivela un adeguato completamento del sistema
delle tutele, non nell’interesse esclusivo del singolo, bensì in quello della trasparenza e della correttezza del
mercato, posto a fondamento della normativa antitrust”;
– osserva il decidente come la stessa risulti invece fondata, e ciò tenuto conto che l’avvenuta riproduzione di tali clausole appare,
nella fattispecie, persino incontroversa tra le parti, essendo stata ammessa dalla stessa opposta nella sua comparsa di risposta.
Del resto, dal confronto con le suddette clausole (si è detto, testualmente riportate anche nella menzionata pronuncia del giudice della nomofilachia e, comunque, risultanti nel presente caso
anche dalla produzione del “modello A.B.I.” effettuata da parte opponente sin dal suo atto di opposizione), emerge la chiara ed inequivoca riproduzione delle stesse nell’ambito del negozio di
fideiussione;
Ed invero, ritenuta fondata, in virtù dei rilievi che precedono, l’eccezione di nullità parziale sollevata
da parte opponente relativamente alle clausole della fideiussione riproduttive di quelle di cui al
“modello A.B.I.”, vi è ora da osservare, ulteriormente, come alla stessa consegua, in particolare,
l’operatività nella fattispecie del dettato dell’art. 1957 c.c., così come tempestivamente eccepito da
parte opponente sin dal proprio atto introduttivo.
L’applicabilità di tale norma non è stata, d’altra parte, in alcun modo contestata da parte della Banca,
e così parimenti dalla terza intervenuta, le quali non risultano neppure avere posto in dubbio che
nel presente caso si versi in presenza di una garanzia fideiussoria;
– Né la circostanza che sia stata introdotta, nel negozio di fideiussione, una clausola di pagamento “a
semplice richiesta scritta” (così come evidenziato, sia pure fugacemente, dall’opposta in sede di
costituzione) varrebbe a far condurre, nella specie, a una diversa qualificazione della garanzia, dal momento che una tale clausola potrebbe comportare, eventualmente, soltanto un impegno del
fideiussore a non opporre al creditore le eccezioni che gli competono ai sensi dell’art. 1945 c.c. prima di effettuare il pagamento, atteggiandosi, quindi, soltanto come una clausola “solve et repete” ex art. 1462 c.c;
– Come è stato evidenziato, infatti, anche da parte della giurisprudenza di legittimità, “la decadenza di
cui all’art. 1957 c.c. non è resa inoperante dall’apertura, a carico del debitore principale, di una procedura concorsuale, in quanto tale evenienza non implica l’impossibilità giuridica di proporre istanze contro il debitore e di coltivarle diligentemente, ma comporta soltanto che la diligenza del creditore sia valutata in relazione alle possibilità concesse dall’ordinamento in tali casi, consistenti nella richiesta di accertamento del credito nelle forme dell’insinuazione al passivo … In altri termini …Qualora sopravvenga la dichiarazione di fallimento del debitore principale, ciò non impedisce il decorso del citato termine, in quanto il creditore, se non può più assumere iniziative giudiziali individuali, può comunque impedire la decadenza presentando domanda di ammissione al passivo fallimentare …” (cfr. per tutte, Cass. civ. n. 24296/2017).
– Peraltro, nel presente caso alcunché è stato allegato – e dimostrato – anche a tal proposito da parte dell’opposta e della terza intervenuta, il che, evidentemente, conduce, in via assorbente, a far concludere che senz’altro si sia verificata, nella specie, la decadenza semestrale di cui all’art. 1957 c.c. eccepita da parte opponente.
Del pari, anche rispetto al garante, non emerge, del resto, che tale termine semestrale sia stato rispettato, tenuto conto che, oltre a non essere stata documentata la spedizione al medesimo (così come all’ulteriore garante) della missiva di contestazione, neppure è stato allegato e dimostrato che la Banca si sia attivata, quantomeno rispetto ai fideiussori, con ulteriori istanze
anche soltanto in via stragiudiziale, onde ottenere il soddisfacimento del proprio credito, essendosi
la stessa limitata a presentare verso i predetti il ricorso monitorio solo in data….
Orbene, considerato che a tale data (e così, a fortiori, in occasione della notificazione del ricorso e del
decreto ingiuntivo), il suddetto termine semestrale ex art. 1957 co. 1 c.c. risultava oramai decorso (e
ciò, per vero, anche facendosi riferimento – in luogo della decadenza degli obbligati dalla dilazione
accordata ad essi dalla Banca, attestata da quest’ultima con la missiva del … – alla successiva
data del “passaggio a sofferenza” del …, ne consegue la
fondatezza dell’eccezione di estinzione della garanzia fideiussoria azionata in questa sede.